Ecco i cinque libri più venduti alla Casa del Libro in quest’estate 2019, come vedrete si tratta di autori siciliani e siracusani e siccome noi facciamo il tifo per i nostri, ne siamo felici & felicissimi e pure di più:
Al primo posto I leoni di Sicilia di Stefania Auci, pubblicato dalla Editrice Nord: dal momento in cui sbarcano a Palermo da Bagnara Calabra, nel 1799, i Florio guardano avanti, irrequieti e ambiziosi, decisi ad arrivare più in alto di tutti. A essere i più ricchi, i più potenti. E ci riescono: in breve tempo, i fratelli Paolo e Ignazio rendono la loro bottega di spezie la migliore della città, poi avviano il commercio di zolfo, acquistano case e terreni dagli spiantati nobili palermitani, creano una loro compagnia di navigazione… E quando Vincenzo, figlio di Paolo, prende in mano Casa Florio, lo slancio continua, inarrestabile: nelle cantine Florio, un vino da poveri – il marsala – viene trasformato in un nettare degno della tavola di un re; a Favignana, un metodo rivoluzionario per conservare il tonno – sott’olio e in lattina – ne rilancia il consumo… In tutto ciò, Palermo osserva con stupore l’espansione dei Florio, ma l’orgoglio si stempera nell’invidia e nel disprezzo: quegli uomini di successo rimangono comunque «stranieri», «facchini» il cui «sangue puzza di sudore». Non sa, Palermo, che proprio un bruciante desiderio di riscatto sociale sta alla base dell’ambizione dei Florio e segna nel bene e nel male la loro vita; che gli uomini della famiglia sono individui eccezionali ma anche fragili e – sebbene non lo possano ammettere – hanno bisogno di avere accanto donne altrettanto eccezionali: come Giuseppina, la moglie di Paolo, che sacrifica tutto – compreso l’amore – per la stabilità della famiglia, oppure Giulia, la giovane milanese che entra come un vortice nella vita di Vincenzo e ne diventa il porto sicuro, la roccia inattaccabile. Intrecciando il percorso dell’ascesa commerciale e sociale dei Florio con le loro tumultuose vicende private, sullo sfondo degli anni più inquieti della Storia italiana – dai moti del 1818 allo sbarco di Garibaldi in Sicilia – Stefania Auci dipana una saga familiare d’incredibile forza, così viva e pulsante da sembrare contemporanea. Il romanzo italiano che ha conquistato il mondo: venduto in Stati Uniti, Germania, Francia, Spagna e Olanda e opzionato per una serie televisiva.«Il romanzo intreccia le vicende storiche con la vita privata dei Florio, trasportando il lettore in un mondo affascinante di forti personalità.»
La Lettura Corriere della Sera
«Da tempo non leggevo un romanzo così: grande storia e grande letteratura. Le vicende e i sentimenti umani sono sorretti da una scrittura solida, matura, piena di passione e di grazia. Stefania Auci ha scritto un romanzo meraviglioso, indimenticabile.»
Nadia Terranova
«Una famiglia da leggenda… Un appassionante spaccato di storia pubblica, privata e di costume.»
Vanity Fair
«Avvincente e documentato, parla di coraggio e ambizione, di sentimenti e di magarìe, ed è la sorpresa di questa stagione editoriale.»
TTL – La Stampa
«Storie d’amore, di sogni, tradimenti e fatica in un romanzo che vibra di vita.»
Marie Claire
«La saga dei Florio fa il pieno di lettori.»
la Repubblica
«Stefania Auci, con uno stile diretto e penetrante, ha scritto un libro indimenticabile.»
Giulia Ciarapica, Il Foglio
Secondo libro più venduto, L’albatro di Simona Lo Iacono, pubblicato da Neri Pozza: Palermo, 1903. Giuseppe Tomasi di Lampedusa è un bambino solitario e contemplativo, uno di quelli che preferiscono «la stranezza delle cose alle persone», avendo «per compagnia solo il silenzio». Figlio unico di una nobile famiglia siciliana, vive nello sfarzoso palazzo di via Lampedusa, circondato unicamente da adulti, dei cui discorsi, tuttavia, capisce ben poco.
Un giorno, nella sua vita, arriva Antonno: nessuno si prende la briga di presentarli e i due bambini si ritrovano all’improvviso l’uno dinnanzi all’altro, Giuseppe con il completo all’inglese in gabardine blu, i pantaloni sotto il ginocchio e il gilet bordato di seta. Antonno con la camicia arrotolata, di due misure più grande, le scarpe estive, i calzettoni invernali e in testa una paglietta bucata sulla punta.
È un misto di stagioni e taglie sbagliate, Antonno, un bambino «tutto al contrario»: se sfoglia un libro comincia dall’ultima pagina, se vuole andare avanti cammina all’indietro e non c’è verso di fargli iniziare la settimana di lunedì o di togliergli dalla testa che si nasce morendo. Giuseppe non sa nulla del passato di Antonno, né tantomeno i motivi per i quali gli sia stato messo accanto. Sa però che Antonno non è come gli altri bambini e che la fedeltà che dimostra nei suoi confronti è pari solo a quella dell’albatro: tenacissimo, l’albatro non abbandona il capitano nemmeno nella disgrazia, seguendolo nella buona e nella cattiva sorte.
Da quel momento, non c’è avventura, per quanto discutibile, in cui Antonno non lo affianchi. E non c’è notte in cui non vegli su di lui, come un fedele custode. Fino al giorno in cui, all’improvviso, così come è arrivato, Antonno svanisce.
Divenuto adulto, Giuseppe partecipa ai due conflitti mondiali; dopodiché si ritira a vita privata, viaggiando e dimorando per lunghi periodi all’estero, dove conosce Alexandra Wolff, detta Licy, che diverrà sua moglie, e dove inizia a confrontarsi con i grandi della letteratura europea. Saranno questi viaggi a portarlo a cimentarsi, quasi alla fine della sua vita, nella stesura di un romanzo ispirato alla figura del bisnonno paterno Giulio Fabrizio, l’astronomo, il sognatore. Un romanzo che avrà per protagonista un personaggio fugace, un nobiluomo colto e malinconico che perde il suo sguardo nel cielo per fuggire la terra: si intitolerà Il Gattopardo e, dopo lunghi anni, ricondurrà da lui Antonno e la sua visione rovesciata del mondo. Facendo propria l’idea che il destino di ogni adulto vada cercato nei suoi sogni di bambino, Simona Lo Iacono tratteggia, con sontuosa eleganza, il ritratto di una delle più importanti figure della letteratura italiana, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, scrittore dalla complessa personalità e autore del celeberrimo Il Gattopardo.
“C’è una risposta alla morte, ed è la poesia. C’è un rimedio al tempo, ed è la scrittura. Una scrittrice di incantesimi e malie”.
Avvenire
Al terzo posto, Santi, poeti e commissari tecnici, di Angelo Orlando Meloni, pubblicato da Miraggi edizioni: Santi, poeti e commissari tecnici è uno spaghetti-fantasy calcistico dai toni agrodolci che parla dritto al nostro cuore, al cuore di una nazione che sul calcio ha strepitato troppo e troppo a lungo perché, versata una lacrima, non fosse giunto il momento di riderci su. Un libro comico, commovente e liberatorio, che comincia con il lungo racconto che dà il titolo al libro, una storia sul miracolo della statua votiva della beata Serafina, che all’improvviso suggerisce al parroco del paese la strategia per stravincere il campionato. E finisce con Il campionato più brutto del mondo, l’ultimo racconto, sull’effetto domino che porterà alla chiusura della serie A non appena l’ex moglie di un dirigente invischiato con il calcio minore avrà preteso gli alimenti arretrati. In mezzo ci sono la storia di un calciatore alcolizzato e di un’intera comunità illusi di meritarsi “il calcio che conta”; quella del giovane calciatore più forte del mondo (o del suo quartiere) che imparerà come funziona la faccenda una volta costretto alla panchina per non scontentare i genitori VIP; quella di un arbitro tutto d’un pezzo durante l’ultima partita della sua vita e del poveraccio che su quella partita ha fatto una scommessa folle, che gli farà rischiare la vita; quella, infine, di un stella della serie A e della sua vendetta sanguinosissima contro lo scarpone che gli ha stroncato la carriera. Storie di calcio e storie d’amore, d’amori mancati e sogni infranti. I sogni dei tifosi, insomma.
Sono ambientati quasi tutti nella sua Siracusa i sei racconti di “Santi, poeti e commissari tecnici” (Miraggi Edizioni), la nuova fatica letteraria del libraio e scrittore aretuseo, metafora del mondo provinciale legato al pallone come racconto di una città-mondo
I racconti di Meloni sono sei luoghi di rappresentazione di un’antropologia ai limiti della plausibilità e che vive tra compassione e compromesso, tra disincanto e rapacità: «In Italia la vera religione è il calcio. I miei personaggi sono perdenti con un cuore grande”.
Daniela Sessa, “Vivere – La Sicilia”.
Da leggere in vacanza o a farne uno studio approfondito in qualunque periodo dell’anno. Bravo a questo autore, bravo davvero.
Salvatore Massimo Fazio, “Letto, riletto, recensito”
“Ci siamo molto divertite a leggere “Santi, poeti e commissari tecnici”, ma soprattutto, come accade spesso nelle migliori commedie di costume o nei romanzi di parodia, abbiamo molto riflettuto su questo nostro Bel Paese.”
Milena Privitera, “Sololibri”
A seguire La Sicilia è un’isola per modo di dire di Mario Fillioley, pubblicato da minimum fax: la Sicilia è un’isola per modo di dire è molte cose insieme: un libro di raffinata e irresistibile comicità, un racconto lucido di una terra molto amata, un diario di viaggio curioso e impertinente, un manuale d’istruzioni per montare e smontare il mito della sicilitudine. Mario Fillioley sa bene di trovarsi davanti un luogo fin troppo raccontato, ammantato di una sua tradizione che – dal ciclo dei vinti fino alle fiction televisive – ha accumulato e inglobato una serie sterminata di versioni, sempre al confine tra topos e stereotipo. E sa che per raccontarlo, quel luogo, nelle sue infinite manifestazioni, ha una sola arma vincente: l’ironia. Evitando tanto le pose retoriche quanto quelle antiretoriche, Fillioley parla al lettore come fosse un amico, senza trucchi e senza ipocrisie. Riesce così in un’impresa apparentemente impossibile: dire qualcosa di nuovo sull’isola troppo grande, troppo complessa, l’isola per modo di dire. Raccontare, con leggerezza e amoroso disincanto, una Sicilia diversa, non definitiva e quindi tanto più vera e credibile.”L’autore riesce a far ridere i siciliani dei loro stessi difetti. Con un po’ di amaro in bocca.”
Francesco Musolino – la Repubblica
“Un libro di raffinata ed irresistibile comicità, un racconto lucido di una terra molto amata, un diario di viaggio curioso e impertinente.”
Maria Pia Nocerino – Pragma Magazine
“La Sicilia è un posto “iperpresente nella rappresentazione che l’Italia dà a sé stessa”, ma quanto la finzione letteraria, poetica, folkloristica maschera la realtà?”
Anna Maria Patti, “Robinson – la Repubblica”
“La Sicilia è un’isola per modo di dire (minimum fax 2018). Fillioley, in maniera intelligente, colta e divertente, ci racconta la Sicilia, o meglio una parte della Sicilia, quella di Siracusa e dintorni, la sua, quella a cui appartiene.”
Gianni Montieri, “Huffington post”
Al quinto posto, infine, Il cuoco dell’Alcyon del nostro amatissimo e compianto maestro Andrea Camilleri: tutto è indecidibile, sogno e realtà, vero e falso, maschera e volto, farsa e tragedia, allucinazione e organizzata teatralità di mosse e contromosse beffarde, in questo thriller che impone al lettore, tallonato dal dubbio e portato per mano dentro la luce fosca e i gomiti angustiosi dell’orrore, una lettura lenta del ritmo accanito dell’azione. Tutti si acconciano a recitare, nel romanzo: che si apre drammaticamente con i licenziamenti degli impiegati e degli operai di una fabbrica di scafi gestita da un padroncino vizioso e senza ritegno, detto Giogiò; e con il suicidio, nello squallore di un capannone, di un padre di famiglia disperato. Da qui partono e si inanellano le trame macchinose e la madornalità di una vicenda che comprende, per «stazioni», lo smantellamento del commissariato di Vigàta, la solitudine scontrosa e iraconda del sopraffatto Montalbano, lo sgomento di Augello e di Fazio (e persino dello sgangherato Catarella), l’inspiegabile complotto del Federal Bureau of Investigation, l’apparizione nebbiosa di «’na granni navi a vela», Alcyon, una goletta, un vascello fantasma, che non si sa cosa nasconda nel suo ventre di cetaceo (una bisca? Un postribolo animato da escort procaci? Un segreto più inquietante?) e che evoca tutta una letteratura e una cinematografia di bucanieri dietro ai quali incalza la mente gelida di un corsaro, ovvero di un più aggiornato capufficio dell’inferno e gestore del delitto e del disgusto. «L’Alcyon […] aviva la bella bitudini di ristari dintra a un porto il minimo ’ndispensabili e po’ scompariri». Il romanzo ha, nella suggestione di un sogno, una sinistra eclisse di luna che incombe (detto alla Bernanos) su «grandi cimiteri». La tortuosità della narrazione è febbrile. Prende il lettore alla gola. Lo disorienta con le angolazioni laterali; e, soprattutto, con il tragicomico dei mascheramenti e degli equivoci tra furibondi mimi truccati da un mago della manipolazione facciale. Sorprendente è il duo Montalbano-Fazio. Il commissario e l’ispettore capo recitano come due «comici» esperti. «Contami quello che capitò», dice a un certo punto Montalbano a Fazio. E in quel «contami» si sente risuonare un antico ed epico «cantami»: «Cantami, o Diva, del pelide Achille l’ira funesta che infiniti addusse lutti agli Achei […]». Il cuoco dell’Alcyon è «una Iliade di guai». (Salvatore Silvano Nigro, dalla quarta di copertina)