Il serpente dell’Essex (edito in Italia da Neri Pozza, con traduzione di Chiara Brovelli) è il romanzo con cui si è imposta al pubblico e alla critica la giovane scrittrice inglese Sarah Perry. Una romanzo storico che scava con dolcezza nella psicologia dei personaggi e ripercorre attraverso leggendari animali l’immaginario mitologico di origini celtiche dell’isola inglese.
Londra, fine Ottocento. Le campane di St-Martin- in-the-Fields suonano a morto per le esequie di Michael Seaborne. Cora, la giovane vedova del defunto, dopo il funerale, accompagnata dal figlio undicenne Francis, e dalla tata cerca rifugio a Colchester, nell’Essex, dove stanno portando alla luce dei fossili lungo la costa. Da sempre appassionata naturalista, la giovane donna vuole approfittare della ritrovata libertà per dedicarsi a quelli che lei chiama «i suoi studi»: frugare tra le rocce e il fango alla ricerca delle ossa fossilizzate di animali vissuti migliaia di anni fa, sull’esempio della paleontologa Mary Anning.
A Colchester Cora si imbatte in alcune bizzarre voci secondo cui un serpente mostruoso, ricoperto di scaglie ruvide e con occhi grandi come una pecora, è emerso dalle paludi salmastre del Blackwater ed è risalito fino ai boschi di betulle e ai parchi dei villaggi. Un grande essere strisciante, dicono, più simile a un drago che a un serpente, che abita la terra tanto quanto l’acqua, e in una bella giornata non disdegna di mettere le ali al sole. Il primo ad averlo avvistato, su a Point Clear, ha perso il senno ed è morto in manicomio lasciandosi dietro una dozzina di disegni realizzati con frammenti di carbone. E poi c’è stato quell’uomo annegato il primo giorno dell’anno, ritrovato nudo e con cinque graffi profondi su una coscia.
Cora sospetta di trovarsi davanti a un caso di probabile interesse per il British Museum: l’animale leggendario che terrorizza la gente del posto potrebbe essere una specie nuova non ancora scoperta che va esaminata, catalogata e spiegata.